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LA TOGA: ORIGINI ED UTILIZZO

 

Chi ha frequentato aule di Tribunale lo sa: il nome Scalella è indissolubilmente legato alla toga forense. La toga, il centro della nostra produzione. Ma cos’è la toga? Perché si usa? Ecco alcune riflessioni su questo sacro abito legato al mondo della Giustizia. Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia“.

Le immortali parole di Piero Calamandrei, padre del Codice di Procedura Civile, oltre a costituire un riferimento per ogni Avvocato, esprimono alla perfezione il significato profondo dell’abito – la Toga – simbolo dell’attività forense.

Una storia di oltre duemila anni, quella della Toga, che comincia nell’antica Roma.  Toga dal latino “tegere” (coprire). Termine non casuale: la Toga era utilizzata – ma soltanto da coloro che vantavano una posizione di prestigio, non invece dalla plebe – per ricoprire la tunica. Un indumento – peraltro – con alcune connotazioni specifiche. La Toga puerpurea era indossata dall’imperatore, la Toga praetexta era l’abito dei magistrati, la Toga virilis dai giovani dell’aristocrazia.

Dimenticata con la caduta dell’Impero, la Toga ebbe a riaffacciarsi secoli dopo, in pieno Medioevo, quale abito proprio di persone di alto rango. In questi anni la Toga subì profonde modifiche. Furono inserite le maniche, divenne più lunga, fino a coprire fin sotto le ginocchia, e assunse la classica colorazione nera, come espressione non di lutto, ma di rigore.

Un altro mutamento rispetto al passato romano, fu la comparsa di alcuni accessori: la cordoniera, la cravatta o pettorina, il copricapo. Che, lungi dall’essere un mero abbellimento, erano volti a identificare ruolo e funzioni di coloro che indossavano la Toga. Cosa che accade, per gli Avvocati, a distanza di secoli e ai giorni nostri, con regole che traggono origine direttamente nella Legge, e precisamente negli artt. 104 e 105 del R.D. del 26.08.1926, che ci piace riportare:

Art. 104. – “Le divise degli avvocati e dei procuratori sono conservate nella foggia attuale, con le seguenti modificazioni: per i procuratori la toga è chiusa ed abbottonata in avanti con colletto largo cinque centimetri e orlato da una leggera filettatura in velluto e cordoni e fiocchi di seta nera; cravatta di battista bianca con merlettino e tocco in seta senza alcun distintivo. Per gli avvocati la toga è aperta, con larga mostratura in seta, colletto largo venti centimetri ed orlato da fascia di velluto dell’altezza di tre centimetri, maniche orlate da fascia di velluto dell’altezza di dieci centimetri, cordoni e fiocchi d’argento misto e seta nera, o d’oro misto a seta nera, (nelle proporzioni di due terzi ed un terzo) a seconda che siano iscritti nell’albo di un collegio o nell’albo speciale di cui all’art. 17 della legge 25 marzo 1926, n.453, cravatta di battista bianca con merlettino e tocco in seta, fregiato da una fascia di velluto. Gli avvocati ed i procuratori debbono indossare le divise nelle udienze dei tribunali e delle corti, nonché dinanzi alle magistrature indicate nel capoverso dell’articolo 4 dalla predetta Legge e dinanzi ai consigli dell’ordine ed al Consiglio Superiore Forense. Si procede in via disciplinare contro coloro che contravvengono alla presente disposizione”.

Art. 105. – “Il tocco dei membri dei consigli degli ordini dei procuratori è fregiato di un cordoncino di argento misto a seta nera; quello dei presidenti in città non sedi di corte di appello, di un gallone di argento portante nel mezzo un cordoncino di argento misto a seta nera; e quello dei presenti in città sedi di corte di appello, di due galloni di argento misto a seta nera. Il tocco con i fregi predetti si usa nelle cerimonie ufficiali e nelle udienze del consiglio superiore forense. Nelle altre circostanze si usa il tocco di seta con fascia di velluto per gli avvocati e il tocco di seta per i procuratori”.

Si tratta di disposizioni che, nella prassi invalsa, lasciano molto spazio alla foggia della Toga, alla sua composizione e al design, mentre residua uno spazio minore per le cordoniere. Quella di colore oro e nero è portata dagli Avvocati cassazionisti; quella oro e argento (o solo argento) dagli Avvocati non (ancora) legittimati a esercitare il patrocinio presso la Suprema Corte; quella di color argento anche dai magistrati appena nominati; la cordoniera interamente dorata dagli Avvocati di lungo corso, sebbene sia portata anche dai “semplici” cassazionisti; per finire, quella rossa dagli Accademici e la bianca dai Cancellieri. Anche la “cravatta di battista bianca con merlettino” (chiamata anche “pettorina”) ha lasciato spazio all’utilizzo di tessuti e fogge molto diverse. Riguardo i primi, oltre al battista, anche il lino, il cotone, il raso e la seta; riguardo le fogge, la classica “coda di rondine”, il modello con piaghe e quello “a balze”.

La Toga, insieme ai suoi complementi, costituisce ancora ai giorni nostri, oltre all’abito emblema del prestigio dell’Avvocatura, anche l’emblema esteriore dell’alta funzione sociale, intellettuale e morale dell’avvocato, e della Difesa nel processo. L’emblema dell’essere, e non solo e non tanto dell’apparire.